Una mistress al telefono con il mio direttore

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La prima volta che mi è capitato ho dovuto ingegnarmi. Non sapevo bene come reagire, finché a un certo punto non ho capito più niente! Avevo i crampi dalla voglia di toccarmi e alla fine ho dovuto farlo lì, col rischio che mi vedessero tutti, mentre la mistress al telefono credeva che fossi il mio Direttore!

Se proprio vuoi saperlo mi ero messa alla cassa perché Mattia era influenzato e non sarebbe tornato prima di lunedì. È partita da lì. Avevo molta fila e non c’era un attimo di tregua. Occuparsi tutto il giorno delle telefonate ai clienti non era molto meglio, ma quando il Direttore uscì per partecipare a una riunione su Zoom nella saletta era finalmente ora di pranzo. Chiudemmo, ma lui, Agostini, era ancora in saletta quando passai a controllare che tutti fossero usciti.

Un check al mio ufficio, uno alla cassa e uno al suo. Lì notai qualcosa che non tornava. Sulla scrivania stava poggiata la cornetta del telefono e pensai bene di avvicinarmi per rimetterla a posto. Probabilmente il Direttore l’aveva ‘staccata’ per non venire disturbato durante la sua riunione. Quando l’afferrai sentii che dall’altra parte c’era qualcuno, però.

Mi portai la cornetta all’orecchio.

“Allora, squallido pezzo di merda… ti sei sborrato nelle mutande?”

Era una voce femminile quella che sentivo dall’altro capo? Aveva un tono morbido e suadente, ma diceva delle cose… volgari! Era un tono deciso, scuro, volitivo. Cosa mi aveva appena chiesto?

“Pezzo di merda, ma mi stai ascoltando?”

“Non…” Rimasi imbambolata a chiedermi cosa dovevo fare. Forse si trattava di un errore. “Non…”

“Be’ che c’è? Ti sei strozzato la gola oltre il cazzetto? Devi dire ’sì, Madame Circe’. Altrimenti sbatto giù e ti cerchi un’altra padrona, stronzetto.”

“Padr…” mi zittii. Risposi con un mugugno. Non volevo che dall’altra parte della cornetta lei capisse che non ero Agostini.

“Bravo. Mugugna come il cane che sei. Ora prenditi il cazzetto tutto sborrato e comincia a menartelo… ti fa male, eh?”

Io mugugnai.

Mi masturbo in linea mentre sono a lavoro

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“Continua a menartelo, voglio che sborri ancora. Non importa se ti esce soltanto uno sputo. Voglio che ti faccia male, mentre ti dico quanto vali per me. Sei merda, e se vuoi che goda per te devi prima darmi tutto il succo delle tue palle mosce. Fino all’ultima goccia.”

Non credevo che sentire una donna parlare così mi avrebbe eccitato tanto. Eppure avevo le vampate di calore. Agostini si stava probabilmente masturbando nella saletta? Se davvero stava eseguendo gli ordini della donna al telefono, avevo rischiato grosso nel bussargli prima di chiudere la filiale. Saperlo là dentro a guardare un porno mi mosse ancora di più, non che Agostini fosse il mio tipo, ma era comunque un uomo distinto e piacente. E questo suo nuovo lato che la cornetta abbandonata aveva messo in luce mi stava facendo fantasticare.

“Merda, voglio che fai quello che dico adesso. Ho voglia d’infilarmi un grande cazzo nero nella mia fichetta e voglio che venga quando vengo io. Non prima, cazzo moscio che non sei altro!”

Agostini era ancora chiuso nella saletta e io non mi tenevo proprio più, comincia ad accarezzarmi la passera sotto alla gonna, mi stesi sulla poltrona del Direttore e aprii le gambe appoggiandone una al bracciolo.

Con un occhio guardavo la porta della saletta e non potevo dimenticarmi che Agostini sarebbe potuto uscire da un momento all’altro. Io ora conoscevo il suo segreto, chissà com’era davvero il suo cazzetto. Con l’altro occhio studiavo il mio riflesso sul vetro del separé che divideva l’ufficio del Direttore dal resto della filiale. Intravvedevo la strada, i passanti e intanto la donna al telefono mi descriveva quello che provava. Io mi toccavo passando velocemente la mano sulla fica bagnatissima fino a che Madame Circe non cominciò a urlare di piacere e venni anche io. Non mi trattenni, urlai. E lei capì che non ero Agostini.

“Una nuova troietta al telefono? La tariffa è sempre la stessa, cazzetto moscio. Porta pure anche la tua puttana.”

Venni di nuovo, questa volta in silenzio, mordendomi le labbra. Lasciai la cornetta sulla scrivania e mi avvia alla porta della filiale con le gambe che tremavano e lo sguardo basso. Agostini uscì dalla saletta mentre prendevo la direzione del bar. Aveva una macchia scura sui pantaloni. Bravo cagnetto!

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